È chiaro che il baricentro degli affari della multinazionale Fiat si sta spostando sempre più verso gli Stati Uniti dove il 21 aprile sarà presentato il piano di rilancio della Fiat-Chrysler… e a farne le spese per primo, in Italia, è lo stabilimento di Termini Imerese! Il manager Marchionne e il presidente Montezemolo sostenuti dalla Marcegaglia in nome di Confindustria sono stati molto chiari e netti: la produzione cessa alla fine del 2011 perché il sito non è abbastanza produttivo da stare sul mercato.
Ma anche se chiude Termini e anche senza incentivi, che, comunque, non bastano, dice Marchionne, perché invece “serve una forte e seria politica industriale” (e cioè più soldi direttamente alla sua azienda), la Fiat promette di aumentare la produzione nel 2012 portandola a 900.000 auto all’anno (dalle attuali 600.000). Sembra più un’affermazione di incoraggiamento che serve a tenere buoni tutti visto l’attuale stato dell’economia mondiale.
E per aggiungere un segnale di “buonismo” al governo e all’opinione pubblica la Fiat ha deciso di spostare la produzione della Panda dalla Polonia a Pomigliano, “Una decisione che razionalmente non prenderebbe nessuno. E chiediamo un impegno sulla flessibilità” ha detto Marchionne. Quindi anche Pomigliano è a rischio dato che si tratta di una scelta “sociale” e non economica e allora non si capisce perché ciò che può essere fatto per Pomigliano non si possa fare per Termini dato che Rebaudengo, direttore delle relazioni industriali Fiat, dice che “hanno valutato il danno sociale che provocherebbe la chiusura del sito”! Ma per Termini Montezemolo ha dichiarato solo di voler accompagnare gli operai alla pensione, tanto quasi la metà avrebbe già i requisiti per accedere alla mobilità lunga (800 circa su 2000 compreso l’indotto). “Hanno trovato il modo di mettere gli operai Fiat contro quelli dell’indotto” ha commentato un operaio.
Ma dopo tutto questo “buonismo”, tanto per far capire chi comanda davvero in questo paese, la Fiat ha deciso di mettere in cassa integrazione circa 30.000 operai del gruppo tra febbraio e marzo di quest’anno.
Il governo Berlusconi, tramite il ministro Scajola che aveva definito da folli l’idea di chiudere Termini, prima ha usato parole di fuoco e ha fatto la voce grossa sugli incentivi ma poi si è piegato e rassegnato alla chiusura, chiedendo però alla Fiat di dare una mano nel mantenimento di una produzione industriale nel momento del passaggio di consegna. Consegna di cosa? Se la Fiat smantella si vorrà portare via i macchinari, è logico. Il ministro dà l’impressione di agitarsi per trovare una soluzione e prende tempo per valutare le proposte che si spera arriveranno; il tutto da discutere il prossimo 5 marzo in un nuovo incontro con tutte le parti a Roma.
Le proposte fino a questo momento sembra siano una decina e, tra queste, quella che sembra a tutti più interessante è quella del finanziere siciliano Cimino, che con il fondo Cape Natixis detiene circa il 50% del fondo “Cape Regione Siciliana” della Regione Sicilia, che vorrebbe costruire auto elettriche in accordo con la Reva indiana con la quale è già stato firmato un memorandum, “Sunny car in Sicily”, che darebbe lavoro a 3.500 operai.
L’arroganza palese dei manager Fiat che hanno avuto la sfacciataggine di dire che non hanno mai preso soldi pubblici ha fatto indignare, naturalmente in maniera ipocrita e demagogica, tutti: i politici locali, da Lombardo a Micciché, dicono che la Fiat sbaglia, che è solo una presa in giro perché vuole più soldi e che bene farebbe a lasciare tutto nelle mani della Regione che saprà come risolvere il problema… hanno già trovato 350 milioni di euro, più altri soldi con incentivi vari.
Anche i sindaci e alcuni preti dei paesi vicini a Termini Imerese si sono ritrovati insieme davanti alla fabbrica per solidarizzare con gli operai.
I sindacalisti, Cgil Cisl e Uil, insieme, dicono di essere ancora più indignati e promettono iniziative che mantengano viva l’attenzione mediatica sugli operai di Termini Imerese e infatti hanno già organizzato per il 18 febbraio delle fiaccolate nei vari paesi e il 27 febbraio un’altra manifestazione davanti ai cancelli dello stabilimento (in attesa del 5 marzo!).
E, infatti, a parte un accenno-minaccia della Fiom, subito rientrato, di occupazione della fabbrica, la “mobilitazione” si risolve appunto in tante chiacchiere, brevi vampate di indignazione con qualche ora di sciopero da parte degli operai (che da mesi perdono soldi scioperando e subendo cassa integrazione), e attese di una soluzione che altri devono prendere… con la lodevole eccezione dei 18 operai della Delivery Email che sono rimasti per giorni sul tetto di un capannone Fiat e che alla fine sono riusciti, grazie alla perseveranza e all’aiuto dei loro familiari, ad ottenere la cassa integrazione in deroga fino al 31 dicembre!
È chiaro che gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese si trovano in una condizione piuttosto difficile, dove tutti sembrano interessati alla loro sorte mentre rischiano davvero di rimanere senza lavoro.
E fino a quando gli operai delegheranno altri, non vorranno prendere nelle proprie mani la lotta e il loro destino e continueranno a stare dietro a sindacati e politici che non hanno l’interesse a risolvere davvero il problema, che li rimpallano tra una speranza e l’altra di una soluzione qualsiasi, il posto di lavoro è in pericolo sul serio.
La continua emorragia di posti di lavoro persi in fabbrica (e non solo) per chiusura o spostamento ad altri siti della produzione, insomma una vera e propria progressiva desertificazione industriale di tutta la Sicilia, spingerà gli operai che vorranno trovare un lavoro in fabbrica ad emigrare al sud? Ad andare a lavorare nei paesi del Nord Africa, una zona che si sta sempre più industrializzando grazie alla manodopera a basso costo, con meno diritti e meno resistenza operaia? Senza contare che da quest’anno prende corpo l’Euromediterraneo, la zona di libero scambio dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo che aumenterà la concorrenza in generale tra Stati e imprese e abbasserà ulteriormente i salari della classe operaia.
L’unico vero interesse a che lo stabilimento non chiuda è degli operai.
Lo stabilimento Fiat di Termini Imerese non deve chiudere!
Nessuno stabilimento Fiat deve chiudere, nessun operaio deve essere licenziato.
Contro l’ennesima ristrutturazione della Fiat, che già dichiara conti in regola e profitti, a spese degli operai.
Serve una lotta unitaria di tutti gli operai del gruppo per togliere dalle mani del padrone l’arma del ricatto e della divisione degli operai e spezzare la pratica di sindacati confederali della divisione tra stabilimenti e operai (che dura da decenni ormai) per una vera solidarietà;
Gli operai devono “approfittare” della crisi per rilanciare l’unità e la lotta di tutto il gruppo Fiat creando un vero o proprio evento, mostrando una grande forza che possa rimettere al centro la questione operaia in maniera non episodica;
Fermare la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese come primo passo per salvare gli altri stabilimenti produttivi: se si vince a Termini Imerese si può vincere il tutto il gruppo.
È necessaria una manifestazione nazionale a Termini Imerese di tutti gli operai del gruppo Fiat!
Palermo, 9/2/2010
Comitato di sostegno alla lotta degli operai Fiat di Termini Imerese
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